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Invertire
la rotta Democrazia e partecipazione Come
non essere d’accordo con i principi esplicitati dal ministro Boschi nella sua
lettera al Corriere della Sera in risposta ad un’editoriale di Ferruccio De
Bortoli? Anche noi desideriamo che gli strumenti della democrazia
rappresentativa, siano efficaci, utili a colmare il divario possibile tra
elettori ed eletti, tra demos e decisori, come scrive il ministro. E’ una
questione antica e complessa questa che si affronta e non concerne solo i
rischi di disaffezione politica da parte dei cittadini, ma quello della loro
stessa libertà. C’era persino chi convinto che questa durasse soltanto nel
momento del voto e finisse appena la scheda fosse depositata nell’ urna. Come
non auspicare allora una politica “più chiara e semplice e soprattutto
decidente”, capace di risolvere i problemi? Abbiamo solo il dovere di
avvisare il ministro che le migliori intenzioni potrebbero non essere
sufficienti alla bisogna. Da quando nel nostro Paese si è iniziato a parlare
di semplificazione e di doverosa razionalizzazione, in modo da rendere l’
architettura delle istituzioni più lineare e coerente, la partecipazione
popolare è precipitata. No c’è dubbio alcuno guardando le statistiche che
l’Italia proporzionale chiamasse più gente alla partecipazione politica
dell’Italia maggioritaria e più volte si è modificata la legge elettorale,
più si è ridotta la platea dei votanti. Anche nuovi meccanismi di
partecipazione, le primarie del pd, ad esempio, mostrano già il fiato corto.
Se poi il tentativo democratico è quello di voler aprire, includere,
partecipare, condividere, scegliere, non c’entra niente il diritto di sapere
il giorno stesso del voto, chi ha vinto le elezioni. La scelta della
maggioranza di governo da parte del popolo è un puro mito, dal momento nel
quale, nonostante il sistema maggioritario si sono costituite le alleanze più
svariate, indipendentemente dalla legge a testimoniare solo che la politica
promette e non mantiene. Nemmeno il premio di maggioranza ad un solo partito,
impedirà agli eletti di quel partito di distaccarsene e a formarne un altro
all’interno dello stesso Parlamento, se le circostanze lo imporranno come è
successo in ogni legislatura da vent’anni a questa parte. Lo stesso
referendum potrebbe rivelarsi motivo di delusione se avesse bassa
partecipazione di votanti, e una maggioranza residuale. C’ è un aspetto della
nostra Costituzione che è sfuggito al ministro, il metodo di elaborazione,
con una Assemblea Costituente e non una con una maggioranza parlamentare al
Senato. Se si vuole davvero recuperare la partecipazione popolare bisogna
invertire la rotta e farlo in fretta. Roma, 7
marzo 2016 |
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